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Questo piccolo grande amore che lega i nostri pastori al territorio.

Questo piccolo grande amore che lega i nostri pastori al territorio.

Intervista a Luca, ricercatore sulle tracce della transumanza in terra lucana.

Con lo sguardo rivolto al paesaggio: è così che viaggia Luca, ricercatore italo inglese di 24 anni, giunto a Castelsaraceno qualche mese fa per conoscere da vicino le antiche pratiche pastorali del nostro territorio. Dopo la laurea in Inghilterra, si è trasferito in Olanda per proseguire gli studi in International Land and Water Management. Da lì, grazie ad un progetto di ricerca sul tema della pastorizia, è arrivato fino a Castelsaraceno dove ha incontrato i pastori della comunità per dialogare con loro. Lo abbiamo incontrato per raccontarvi la sua esperienza straordinaria a Castelsaraceno.

Ciao Luca, benvenuto a Castelsaraceno! Qual è lo scopo della tua ricerca qui e come l’hai affrontata?

 

Grazie a voi per la calorosa accoglienza! Il mio obiettivo è quello di comprendere la pastorizia per come veniva concepita tradizionalmente e di scoprire come possiamo oggi rendere alcune pratiche antiche, più attuali e sostenibili.

Sono arrivato a Castelsaraceno a marzo di quest’anno e per conoscere questo splendido territorio mi sono fatto guidare dai pastori. Ho trascorso intere giornate con Mino e Orlando, dalle campagne di Piano dei Campi alle cene con i pastori di Latronico, fino all’ospitalità nelle “Marine”, dove le persone si trasferivano nel periodo della Transumanza. Sono stato con le persone e intanto scoprivo il territorio, dal Santuario sul Monte Raparello al Bosco Favino. Sono rimasto colpito dalla bellezza unica del Monte Raparo e da come cambia lo sguardo sul Monte Alpi a seconda del punto da cui lo si osserva.

 

Quali sono le domande che hai rivolto ai pastori e che impressioni hai avuto?

I pastori mi hanno accolto nelle loro case e le prime interviste hanno seguito uno schema più rigido, con precise domande guida che mi hanno orientato poi in conversazioni meno strutturate, ma altrettanto dense di significato.

A loro ho chiesto quando hanno iniziato a praticare il mestiere, e a chi ha smesso ho chiesto perché lo ha fatto. Mi interessava sapere cosa amano del loro territorio, come lo hanno visto cambiare negli ultimi 30 anni, come vorrebbero vederlo e come lo gestiscono. Volevo capire se i pastori si sentono ancora custodi del paesaggio e come viene percepita la figura del pastore in Basilicata.

Quali sono state le tue prime impressioni da queste conversazioni, e cosa ti ha colpito maggiormente?

Mi sembra che non tutti i pastori qui abbiano la consapevolezza del profondo valore del loro lavoro per il territorio, abituati a fare un mestiere da anni. Per questo estrapolare informazioni puntuali è stato complesso.

Arrivato qui, ho pensato che il lavoro del pastore fosse l’unica attività di queste persone. Invece ho poi scoperto che la maggior parte di loro ha un piccolo appezzamento di terreno e che il lavoro di pastorizia coesiste insieme a quello agricolo. La gestione del territorio che c’era una volta era molto legata a questa connessione tra le attività.

Ho imparato tecniche che non conoscevo affatto, come la “curtaglia”: una recinzione davanti agli ovili che una volta si usava per concimare i terreni. Attraverso i racconti dei miei accompagnatori, ho ricostruito anche le diverse classi sociali che descrivevano l’assetto culturale di un tempo, i modi in cui pastori e agricoltori interagivano tra loro e il ruolo che avevano le pratiche rurali nella costruzione dei modelli sociali.

Cosa ti porterai nel cuore del nostro paesaggio?

Di sicuro il grande amore che lega gli abitanti di Castelsaraceno al loro territorio. Un legame molto forte, in una terra che è ricca di una grande cultura. Dagli ex pastori, ho percepito un grande dispiacere nel raccontarmi di essersi sentiti in un certo senso obbligati ad abbandonare la loro attività, ormai non più redditizia. Da enorme orgoglio, questo mestiere si è trasformato in una sorta di vergogna sociale e la ragione, oltre che l’avanzamento tecnologico e uno stile di vita totalmente diverso, è stata la mancata cooperazione tra pastori.

Castelsaraceno è una terra dall’ospitalità unica. E lo dico da persona che ha viaggiato tanto, in Asia, sud America e gran parte dell’Europa. Qui sento di aver fatto veramente amicizia con le persone.

Grazie per aver condiviso la tua esperienza con noi. In bocca al lupo per la tua tesi! Ti aspettiamo presto, di nuovo, a Castelsaraceno!

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